lunedì 23 settembre 2019

Lettera ad Angelo Scola


Ovunque il guardo io giro parmi pur sempre riveder l’amato (Faustina Maratti)

        Caro Angelo,
Gigi Marzullo è un tipo imprevedibile, capace di riservarci sempre sorprese: uno, insomma, che una ne pensa, cento ne fa.
A chiusura del suo programma, incentrato su Massimo Ranieri e, a seguire, su Domenico Modugno, ti ha intervistato.
da famigliacristiana.it
Avverto il bisogno di scusarmi, prima di continuare, se ti do del tu. La mia età che, più o meno si avvicina alla tua, e il fatto che ho stabilito questa regola per tutti, spero non sia visto come una mancanza di riguardo.
Del resto, la tua modesta origine (padre camionista, madre casalinga) non è diversa dalla mia (padre marmista, che col lavoro, con la religione del lavoro, ha lavorato fino a settantatré anni, costruendo per i figli un avvenire migliore).
Ciò chiarito, mi affretterò a comprare, al più presto, il tuo libro Scommessa sulla libertà; che, a giudicare dal calore con cui ne hai parlato, promette interesse, coinvolgimento, oltre che un approfondimento delle ragioni del nostro credere.
Sui trent’anni ti sei fatto prete, e questa certo è un’anomalia, un’eccezione rispetto al cursus che solitamente percorre chi abbraccia l’idea e il desiderio di farsi prete.
Arrivare, poi, nel tempo a governare una diocesi immensa come quella di Milano, che, con circa cinque milioni, è la più grande del mondo, è una faticaccia da non dire, un “mestieraccio”, come amava ripetere l’etereo e ascetico cardinale Schuster.
Più volte nelle tue parole è ricorsa la parola “realismo”, e realismo nel tuo personalissimo vocabolario significava, e significa, fare i conti con la realtà quotidiana, con la volontà di affrontare e provare a risolvere, hic et nunc, qui e ora, i problemi via via che si presentano.
Alla domanda se avevi avuto dubbi sulla fede, hai dato una risposta che, in primis, pareva volerla eludere, e cioè che l’uomo è, deve essere in costante ricerca, in modo che il tuo cristianesimo sia una continua riconquista, abbia un sempre maggiore approfondimento.
Alla domanda se preghi prima di dormire, hai risposto di sì, ma che, aspettando il sonno che spesso tarda a venire, la lettura di un buon libro, per esempio di un sant’Agostino, ti aiuta certamente.
Sei stato particolarmente legato da rapporti di collaborazione e affetto con papa Montini. E hai confermato che nel conclave, che poi ha visto la proclamazione di papa Wojtyla, eri accreditato di una stima che hai rischiato di diventare effettivamente papa.
Come si svolge attualmente la tua vita di pensionato? – È la vita di ogni prete, ossia di chi continua a celebrar messa e a interessarsi ai problemi delle persone.
Al termine, hai auspicato un avvenire, per te e per tutti, improntato ad una visione per così dire laica prima ancora che cristiana. L’uomo, se ho interpretato bene il tuo pensiero, non può non abbracciare un umanesimo antropocentrico, che metta al centro l’uomo, l’uomo con le sue reali esigenze, che non possono essere rinviate ad infinitum: la visione, insomma, di una Chiesa come una grande famiglia. Una visione che possa farci sentire a posto con la nostra coscienza.
Domenico Franciò