Ogni canzone della
rockstar Gianna Nannini attira per la straordinaria, prepotente energia. Per
spiegare il fenomeno tentiamo un’ipotesi. Che di fronte alla vita questa
artista, scanzonata e ribelle, si ponga, sempre, con animo stupito e commosso,
essendo da sempre lo stupore la strada maestra per scardinare il vecchio e
cogliere, accogliere il nuovo. La sua rabbia è, in essenza, voglia di cambiare
il mondo, di sconvolgere assetti calcificati e rattrappiti, voglia di affrancare
dalla torpida inerzia, di buttar giù convitati di pietra, foreste pietrificate.
È allegra e forte, ama ferocemente la vita, ed è questo amore ragione e fonte della
sua arte. E quando la voce pare sfilacciarsi, lacerarsi in tonalità aggressive
e struggenti, è proprio allora che avviene il prodigio: il travaso in noi della
sua possente energia liberatrice.
Non è bella la
voce: suggestiva, trascinante e perfino terebrante, sì. Penetra a fondo, e tutto
rimescola, scompiglia, si anima.
Domenico
Franciò
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